Poiché tutte le unità della 5a Armata del Generale Clark erano state impiegate, il Generale Alexander, comandante di tutte le forze alleate in Italia, decise il trasferimento di tre divisioni dall’8a Armata schierata sul fronte adriatico. Queste avrebbero formato un corpo d’armata provvisorio, il II Corpo Neozelandese, il cui compito era quello di proseguire l’azione intrapresa dagli americani e aggirare Monte Cassino per piombare nella valle del Liri.
Delle tre unità inviate, la 4a Divisione Indiana diede il cambio agli americani sulle colline di fronte a Monte Cassino, la 2a Divisione Neozelandese si attestò di fronte alla città di Cassino, mentre la 78a Divisione Britannica era in ritardo nell’attraversamento degli Appennini stretti sotto la morsa dell’inverno.
In particolare, la 4a Divisione Indiana era composta da sei battaglioni con truppe indiane guidate da ufficiali inglesi e da tre battaglioni interamente inglesi.
Prima di dar via all’attacco, il Generale Freyberg, comandante del II Corpo Neozelandese, portò avanti con insistenza la richiesta di bombardare l’Abbazia di Montecassino avanzata dal Generale Tuker, il comandante britannico della 4a Divisione Indiana.
Sia Freyberg, sia i suoi comandanti in sottordine, ritenevano necessario bombardare l’edificio che secondo molti era stata la causa dei falliti attacchi precedenti. La richiesta di bombardamento scatenò una polemica che si trascinò anche dopo la fine della guerra. In sostanza, i comandanti americani, compreso Clark, erano contrari al bombardamento, mentre i comandanti inglesi erano favorevoli.
I generali non erano sicuri della presenza di reparti nemici all’interno dell’edificio, e i tedeschi avevano dichiarato di non farne uso militare. In ogni caso, Freyberg riteneva che l’abbazia dovesse essere bombardata con o senza i tedeschi all’interno.
Alla fine il Generale Alexander diede il consenso al bombardamento.
Alle 9 e 30 del 15 febbraio 1944 iniziò il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino. Con ondate successive 230 aerei di vario tipo sganciarono 380 tonnellate di bombe sul loro obbiettivo.
Il bersaglio fu centrato in pieno anche se molte bombe caddero fuori zona causando perdite anche alle truppe alleate. La distruzione dell’abbazia fu totale e nel disastro trovarono la morte molti civili che si erano rifugiati tra le mura del monastero.
A causa di una serie di imprevisti e di malintesi, quando l’abbazia fu bombardata le truppe della 4a Divisione Indiana destinate all’attacco non erano ancora pronte all’azione. Inoltre, secondo i comandanti al fronte, prima di assalire direttamente l’edificio in rovina, occorreva occupare una collina in mano ai tedeschi che ne impediva l’avvicinamento.
Così, la sera del 15 febbraio partì all’assalto di quota 593 solo una compagnia di fucilieri che fu inesorabilmente respinta con forti perdite.
La sera successiva la stesa collina fu attaccata da un battaglione con lo stesso risultato ed altre perdite.
La sera del 17 febbraio furono tre i battaglioni impiegati dalla divisione indiana, di cui due destinati ad attaccare direttamente il monastero. La lotta fu durissima, ma all’alba del 18 gli attaccanti dovettero ritirarsi ancora una volta.
La 1a Divisione Paracadutisti tedesca, che da alcuni giorni aveva assunto il controllo del settore, aveva dato filo da torcere agli attaccanti iniziando nello stesso tempo a meritarsi la fama che ancora oggi le è riconosciuta per la difesa di Cassino.
La sera del 17 febbraio, mentre gli indiani partivano per il loro ultimo attacco verso l’abbazia, la 2a Divisione Neozelandese attuava un’azione offensiva verso Cassino.
Il terreno ad est della cittadina era intriso di acqua a causa delle precipitazioni precludeva l’utilizzo dei carri armati, pertanto il Generale Kippenberger al comando dei neozelandesi aveva scelto il tracciato della linea ferroviaria Roma – Napoli quale direttrice d’attacco verso Cassino.
Ma sul terrapieno della ferrovia i tedeschi avevano attuato ben dodici demolizioni che consistevano in profonde voragini con filo spinato, mine e altri ostacoli. Due compagnie di fucilieri Maori (in forza alla divisione neozelandese) riuscirono nella notte a raggiungere e occupare la stazione ferroviaria di Cassino. Ma i genieri che lavoravano alacremente alle loro spalle non furono in grado di ricolmare l’ultima demolizione prima dell’alba e con la luce del giorno l’artiglieria tedesca rese impossibile il prosieguo dei lavori. I Maori rimasero isolati, senza il prezioso appoggio di carri armati, e nel pomeriggio del 18 febbraio un contrattacco tedesco li costrinse a ripiegare.
Quella seconda, affrettata e limitata offensiva non portò alcun risultato agli Alleati, ma rafforzò la fiducia in se stessi dei tedeschi.
Dopo la fine della seconda battaglia, gli stati maggiori alleati iniziarono a preparare un nuovo piano strategico per oltrepassare la Linea Gustav nel quale sarebbero state coinvolte forze sia della 5a che dell’8a Armata. Si stabilì che la nuova offensiva non sarebbe iniziata prima della metà di maggio, non solo per permettere alle unità di organizzarsi, ma anche per disporre di condizioni meteorologiche favorevoli e del terreno asciutto e compatto per il miglio utilizzo dei reparti corazzati.
Mentre l‘operazione era allo studio, il Generale Freyberg ottenne l’autorizzazione per effettuare un nuovo attacco limitato per occupare Cassino e l’Abbazia di Montecassino.
I generali al livello più alto non nutrivano eccessiva fiducia nel piano di Freyberg, ma acconsentirono ad esso perché un eventuale successo avrebbe reso disponibile una base di partenza nella valle del Liri da utilizzare nella futura grande offensiva, mentre in caso di insuccesso le perdite sarebbero state solo delle divisioni neozelandese e indiana (che comprendeva solo alcuni reparti inglesi) e ciò non avrebbe creato problemi ad americani e britannici.
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Livio Cavallaro
Autore dei seguenti volumi: Cassino 1944 – Le battaglie per la Linea Gustav, Mursia Editore, 2004. Assalto a Massria Albaneta – Cassino 19 marzo 1944, Mattioli 1885 Editore, 2018. Assalto a Cassino – La stazione, il castello, la collina, Mursia Editore 2024.